La stanza della Libertà

Un vero musicista suona ciò che è.

Le mani che percuotono tasti o pizzicano corde sono guidate dalla tecnica, dall’esperienza e dallo studio, ma se il suonare si limitasse a questo, il risultato sarebbe un arido susseguirsi di note, pause, meccanici crescendo e diminuendo. Spesso capita, in effetti: addirittura ascoltiamo un brano dal vivo e diciamo che sembra una registrazione, come fosse un complimento al musicista, come se la perfezione fosse virtù assoluta, nella Musica.

Poi, se si è realmente fortunati, accadono serate in cui si ha il privilegio di comprendere davvero. Ci si siede nella penombra di un teatro e si ascolta la Musica di un uomo seduto davanti al suo pianoforte. Si ascolta e si capisce la differenza tra l’eseguire ed il suonare. Si osserva l’estasi ed il tormento mischiarsi nelle espressioni del volto di quell’uomo, nell’eleganza dei suoi gesti ora misurati, ora rabbiosi, nel sorriso che si spande a tratti sulle sue labbra, luminoso, magnetico.

Non è uno spartito, ciò che si sta ascoltando: è un racconto che contiene svariate ore di meticolosa preparazione, certo, ma anche molto altro. La Musica che ti avvolge e che quelle mani stanno suonando contiene folle di pensieri venuti da molto lontano, sorrisi ed amarezze, dolore, esultanza, entusiasmo e malinconia. Contiene viaggi, visi, solitudini, moltitudini, nervi scoperti, appassionata e coraggiosa presenza, ostinazione e frustrazione, esaltazione, impeto ed ardore. C’è un Uomo, in quella Musica, c’è un’intera, temeraria esistenza nelle note che si espandono libere in quella grande stanza da concerto. Un’esistenza di straordinaria, rara Bellezza donata nobilmente a chiunque voglia ascoltarla.

(ispirato dall'esecuzione dal vivo di The 12th Room, Ezio Bosso. La mia gratitudine, Maestro.)

 

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