Human Nature
E se
ci incontrassimo
su questo prato
siederei con te tra l'erba alta
discorrendo,
trascorrendo le ore
nel poetare distratto
di farfalle ballerine
nella luce intensa
di intuizioni condivise.
Api e libellule
sarebbero poi testimoni
del nostro spogliarci
dell'abitudine malsana
a non essere mai abbastanza
noi
e le nuvole,
le nuvole sorriderebbero
al nostro segreto sognare.
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La stanza della Libertà
Un vero musicista suona ciò che è.
Le mani che percuotono tasti o pizzicano corde sono guidate dalla tecnica, dall’esperienza e dallo studio, ma se il suonare si limitasse a questo, il risultato sarebbe un arido susseguirsi di note, pause, meccanici crescendo e diminuendo. Spesso capita, in effetti: addirittura ascoltiamo un brano dal vivo e diciamo che sembra una registrazione, come fosse un complimento al musicista, come se la perfezione fosse virtù assoluta, nella Musica.
Poi, se si è realmente fortunati, accadono serate in cui si ha il privilegio di comprendere davvero. Ci si siede nella penombra di un teatro e si ascolta la Musica di un uomo seduto davanti al suo pianoforte. Si ascolta e si capisce la differenza tra l’eseguire ed il suonare. Si osserva l’estasi ed il tormento mischiarsi nelle espressioni del volto di quell’uomo, nell’eleganza dei suoi gesti ora misurati, ora rabbiosi, nel sorriso che si spande a tratti sulle sue labbra, luminoso, magnetico.
Non è uno spartito, ciò che si sta ascoltando: è un racconto che contiene svariate ore di meticolosa preparazione, certo, ma anche molto altro. La Musica che ti avvolge e che quelle mani stanno suonando contiene folle di pensieri venuti da molto lontano, sorrisi ed amarezze, dolore, esultanza, entusiasmo e malinconia. Contiene viaggi, visi, solitudini, moltitudini, nervi scoperti, appassionata e coraggiosa presenza, ostinazione e frustrazione, esaltazione, impeto ed ardore. C’è un Uomo, in quella Musica, c’è un’intera, temeraria esistenza nelle note che si espandono libere in quella grande stanza da concerto. Un’esistenza di straordinaria, rara Bellezza donata nobilmente a chiunque voglia ascoltarla.
(ispirato dall'esecuzione dal vivo di The 12th Room, Ezio Bosso. La mia gratitudine, Maestro.)
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Perchè??!
Non lo so se
possa giovare
questo mio
perpetuo peregrinare
tra parole messe in croce,
concetti ed illazioni,
demoni inespressi
ed inconsce verità.
So che non ho scelta:
ho parole chiuse in gabbia
da salvare dal linciaggio
di un mondo sordo ed alienante
che le vorrebbe far tacere.
Datemi carta bianca,
un pennino e del silenzio:
è tutto ciò che
esigo
dal vostro mondo perso.
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Di solo silenzio
Forse pioverà. Quelle nubi hanno il temporale scritto in faccia. Son là che mi guardano ostili e prepotenti, scivolano verso di me sull’acqua color piombo. Scommetto che mi spettineranno come le altre volte, quelle stronze. E poi, se ci sono loro, lei non verrà.
Sto sulla duna più alta del giardino botanico litoraneo, io. Ottimo punto di osservazione, non avrei potuto scegliere di meglio: la strada alle mie spalle, il giardino ai miei piedi, la spiaggia ed il mare a qualche centinaio di metri di fronte a me. Non mi sfugge nulla, da qui.
La prima volta che l’ho vista era un sabato di Maggio e la spiaggia era deserta. Il fruscio del pareo che strisciava leggermente sulla sabbia, un libro in una mano ed un asciugamano blu nell’altra. Per il resto, era fatta di solo silenzio. Si è seduta, le gambe incrociate, a fissare il mare, non si è mossa per un tempo interminabile. Mi è parso che si muovesse addirittura meno di me. Da quel giorno si siede ogni mattina nello stesso punto, sempre avvolta dal vento leggero della riva, sempre attenta a non fare rumore. Le prime volte io la guardavo e mi chiedevo il perché di tutto quello scrutare l’orizzonte: io qui ci devo stare per forza, sono nato qui, come potrei mai vivere da un’altra parte? Ma lei cosa cerca in mezzo a tutta quell’acqua, cosa ci vede?
Poi, un pomeriggio di sole dolce, si è voltata per un istante verso di me e mi ha guardato: mi ha fatto scivolare lo sguardo addosso, partendo dalla chioma, giù lungo il tronco squamato e croccante da pino marittimo, fino a toccare la base da dove esco, dove le mie radici scavano assetate nella sabbia tiepida. Un sorriso, forse, poi si è voltata di nuovo verso il mare. E’ stato in quell’attimo che ho capito: quei suoi occhi blu somigliavano al mare che tanto sondavano dalla riva, ma non per il colore, no. Era per il furore e l’inquietudine schiumosa di un movimento perpetuo, magico e tragico insieme.
Ho scosso i rami, fatto cenno agli altri in giardino di non svelare il segreto.
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Alba.
L'eventuale armonia delle cose dipende dal loro equilibrio e dal momento in cui accadono,
non troppo presto, non troppo tardi, ecco perché ci è tanto difficile raggiungere la perfezione.
(José Saramago)
Alba. Tangenziale d’asfalto e nebbia, arroganze gratuite tra le corsie.
Nello spazio piombato di un abitacolo c’è chi ascolta un album di qualche anno fa. Cartoncino bianco, un uomo di profilo in copertina. In quel tormento estraniante di cemento e velocità, c’è chi riesce a sentirsi altrove. Mentre la voce esce dalle casse, c’è chi vi riconosce stupefatto parole familiari.
Corrispondenze.
Medicamento.
Incanto.
In quel momento c’è chi, in un abitacolo intorpidito con vista grigio industriale, intuisce un canto fraterno, guarda la strada e sorride.
La bellezza indicibile di un’epifania.
(Dedicated to G.)
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