Ricordi Viaggiatori
I ricordi felici sono, alle volte, marinai allacciati ad un filo di vento capriccioso.
Navigano lontani per mesi, spesso anni, accogliendo l’oblio delle onde senza opporvisi, sicuri che al porto non ci sia nessuno che aspetta perché loro, in fondo, sono armati e pericolosi. Le loro vesti, pian piano, sbiadiscono al sole salmastro dell’oceano, i capelli diventano più chiari, gli occhi sbiancano. Tornano al porto per delle visite, ma ogni volta sono un po’ più frettolosi e man mano attraccano sempre più di rado; si fatica quasi a riconoscerli, ad un certo momento, finché smettono, un bel giorno smettono di tornare e non li rivedi più.
Nessuno, giù al porto, si chiede il perché. “E’ così che funziona”, “Non ci si può far niente”, dicono i più vecchi. Loro lo sanno meglio degli altri: loro che le navi cariche le hanno viste partire tanto tempo fa e ora, se glielo chiedi, non riescono nemmeno più a mettere a fuoco quei volti che avevano amato.
Ad un certo momento se ne vanno sempre, i ricordi felici, come marinai smaniosi d’avventura. Non tornano e questo è tutto.
Capita, però, l’incanto di giornate limpide alle porte della primavera in cui l’orizzonte sul mare, a guardarlo, sembra tracciato con un pennarello blu a punta grossa. Netto e preciso, segna la rotta a vele consunte, forse anche strappate, ma ancora buone per navigare fin qui. Tornano allora inaspettati i ricordi felici, sorridono sghembi ed intimiditi a chi aveva smesso di aspettarli in banchina. Le dita colme di monili preziosi, hanno l’odore dolce di certe vecchie foto ingiallite e brillano come scaglie di sole tra le onde.
Difficile distinguerli subito nel riflesso accecante della sorpresa: oggi, in un pomeriggio tiepido di metà Marzo, seduta all’ombra di un pino marittimo, mi ci è voluto un po’ per capire. Poi, come la primavera che cammina sicura, così il ricordo si è fatto avanti ed ora vedo, con meraviglia, che ha il tuo volto.
(Marzo 2015)
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Primavera. Infine.
La stagione dell’attesa cammina indolente per mesi con quel vecchio irascibile di Mastro Inverno. La Natura stessa ce lo dimostra ogni anno: il letargo degli animali, la sonnolenza del bosco raggomitolato sotto la neve morbida, le porte sbarrate dei boccioli appesi ai rami, le terra serrata come lastra di pietra… Gli esseri viventi se ne stanno lì, per interi mesi, lavorando al risparmio, muovendosi il meno possibile per non disperdere calore, tutti curvi ad occhi bassi, prendendo tempo ed osservando i fiori di neve che si spargono fuori dalla finestra, cullati dall’indolenza.
C’è sempre un istante, però, in cui la selvatica Primavera scioglie i lacci del cappotto che si porta addosso e decide che non indugerà. Perché in Primavera non si aspetta più ed il profumo che entra senza bussare non sa la pazienza cosa sia. Ed è allora balletto di riccioli caldi di brezza, svolazzo di petali e rondini, scricchiolio di vita che, sotto la residua superficie di Mastro Inverno, crepita e scalpita per una lama di sole…
L’attesa è finita.
Benvenuta Primavera.
Era ora.
(21 Marzo 2014)
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Sirene
Dormiva appena la città
mentre il bar chiudeva lento
il penultimo tavolino ormai deserto…
l’ultimo pareva il nostro scoglio
o una barca in ferro battuto
tra l’asfalto ed il selciato.
Lupo di mare
lupo di periferia
dimmi se quella notte
ho tremato solo io
dimmi se le stelle
hanno avuto una ragione
o se la nave è già partita
senza dire dove andrà.
E ti cerco a modo mio
tra le pagine di un libro,
tra le note appassionate
di quel brano che tu sai;
prendo tempo silenziosa,
perdo tempo a modo mio,
non m’accorga, un dato istante,
che non ci sei,
non
ci
sarai.
Lupo di mare
lupo di periferia
dimmi se quella notte
ho tremato solo io
dimmi se le stelle
hanno avuto una ragione
o se la nave è già partita
senza dire dove andrà.
Quell’uomo che tu sei
salutalo per me:
digli che le stelle
una ragione l’hanno sempre,
che il tempo sta correndo, ma
resto ancora un po’
a guardare giù al pontile
se tornerà da me.
Lupo di mare
lupo di periferia
dimmi se quella notte
ho tremato solo io
dimmi se le stelle
hanno avuto una ragione
o se la nave è già partita
senza dire dove andrà.
(Settembre 2013)
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Inediti sincronismi
Le coincidenze sono donne selvatiche prive di moralità.
Non conoscono rimorso, mentre se ne vanno in giro seminando punti di domanda. Hanno cappelli ben calcati sugli occhi e sciarpe di seta a coprire il sarcasmo che increspa loro le labbra rubino. Pianificano incontri non previsti ed inviano messaggi inattesi ed apparentemente inspiegabili, restando sfacciatamente a godersi lo spettacolo del dopo.
E’ loro premura far restare gli umani senza parole, far passare sconfinate notti bianche a chiedersi il perché di certi accadimenti… Se questi poveri, poverissimi sprovveduti si affacciassero alla finestra nel mezzo delle loro interminabili insonnie, le vedrebbero andarsene ondeggiando sui tacchi alti, sornione e sfuggenti, pensando pensieri che solo loro, forse, capiranno.
(Gennaio 2014)
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Suona ancora
La bimba conosce bene il profumo di legno e vernici che la investe quando apre la porta del garage dove il nonno sta lavorando, lo stesso profumo che resta su di lui anche quando si trovano altrove, come se quella passione non lo abbandonasse mai e rimanesse attaccata alla pelle. Forse è per questo che, da quando la bimba ha memoria, in casa si è sempre respirata musica, è per questo che non ricorda un solo giorno senza note ed è per questo che ha trovato così naturale alzare il pesante coperchio di quello strano mobile nero del salotto e trovarci dentro una meravigliosa scatola piena di suoni magici che aspettavano solo le sue mani per poter essere messi in ordine.
("A casa coi nonni", Ed. Cleup)
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"Sta' attenta, bambina,
guarda dove metti i piedi.
Non importa dove stai andando,
tu stai attenta comunque.
Ci sono cocci ovunque,
te ne accorgerai bambina mia,
se ci farai caso li vedrai.
Ci sono cocci di cuore ovunque.
L'umanità cammina
su quintali di macerie".
("Contromano", Casa Editrice Acquaviva)
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