Sullo Zero

 

Sullo Zero - Concerto Reading di e con Giulio Casale

Marano Vicentino

20 novembre 2015

Un paio di luci, una chitarra, un libro di poesie bastano a fare di un palco il luogo di un vero spettacolo? Dipende. Senza dubbio bastano se poi quel palco lo calpestano Giulio Casale e le sue parole: pure e necessarie alla realtà odierna, essenziali, certo spolpate e scarnificate, eppure proprio per questo dotate di un’efficacia affilata e dirompente.

 

“Tra di voi,

 in mezzo a voi,

i miei pensieri sono come una fionda“

 

Complice una lieve indisposizione, G. si è subito scusato con i presenti per eventuali mancanze, ma le piccole sbavature che possono esserci state non hanno fatto altro che rendere più autentica, a tratti persino lancinante, la performance. Chi abbia avuto, perciò, il privilegio d’esser presente al reading “Sullo Zero” ha potuto senz’altro assistere ad uno spettacolo di rara intensità.

E’ un tormento personale, eppure universale, quello raccontato nelle liriche declamate. Chi su quello Zero c’è stato, chi l’assenza la percepisce come tiepida e silenziosa compagna di viaggio, avverte nitida la familiarità di uno stato d’animo mai del tutto risolto o superato.

 

“…l’onnipresente sentimento

dell’assenza di qualcosa

di essenziale

e giustificante

con la paurosa sensazione di abitare il nulla

o di muovere da lì“.

 

Ogni poesia un’istantanea, un frammento di vita vissuta o sognata, innegabilmente ponderata e svuotata nelle viscere a cercarne il senso, il fine ultimo da cui tutto ha origine. Lo Zero diventa immagine di un’esistenza schiaffeggiata “dalla pochezza dell’offerta, dalla miseria,/ dalla tragedia della commedia umana“, luogo non luogo in cui stabilirsi sfidando la sua stessa essenza di vuoto. E sono racconti di insonnie, all’inizio, di domande gridate al nulla sordo che attanaglia e comprime.

 

“Apritemi, apritemi

non ho mai smesso di bussare…“

 

La musica fa da costante contraltare alla parola recitata, ma in realtà è un tutto che si compenetra e colma ciò che una tace all’altra. Brani del repertorio degli Estra, del percorso solista e alcune cover si insinuano tra una poesia e l’altra, le accompagnano con mano sicura e voce potente, stringono saldo lo stomaco dei presenti.

Nota dopo nota è pur sempre un viaggio, in fine, pur rimanendo sullo Zero. E nel viaggio, a poco a poco, si impara.

 

“S’impara a riconsiderare il dolore

come interno alla gioia,

la gioia di conoscere,

i propri limiti come gli ambiti unici e splendidi

in cui ci è dato

e non sarà mai poco

di esprimerci al meglio“.

 

C’è una meta che attende in ogni cammino, solo una tappa a voler essere obiettivi, ma comunque un traguardo. “L’angoscia svapora/ lo zero/ è l’intero“. S’impara qualcosa che si ha sempre avuto sotto gli occhi, “s’imparano cose semplici/ elementari/ che forse abbiamo solo dimenticato/ ma s’impara a riconoscerle finalmente/ arrendendosi/ all’evidenza dell’essenziale“.

Lo Zero come percorso, come punto di riferimento, di forza e, chissà, di equilibrio tra “quella cosa enorme che è la vita e quella balorda del tutto casuale dell’essere vivi“.

Lievità e forza, rabbia e dolcezza, spasmo e conforto. Un Uomo, la sua chitarra, una luce appena accennata sono bastati ancora una volta alla Magia e all’Alchimia.

Quanto c’era in quella voce, nonostante la Febbre.

Chapeau, once again.